La Corte di Cassazione, con ordinanza del 21/10/2021 n. 2934, è intervenuta sul tema della cointestazione di conto corrente stabilendo che la cointestazione attribuisce a ciascun intestatario, nei rapporti interni, ai sensi dell’art. 1298, secondo comma, cod. civ., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto medesimo, che si dividono in quote eguali solo se non risulti diversamente. Da ciò, ne consegue che, ove il saldo attivo discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, deve escludersi che l’altro possa, nei rapporti interni, avanzare diritti su di esso.
La storia processuale nasce dall’impulso di un padre il quale, dopo aver ottenuto un sequestro conservativo ante causam, conveniva in giudizio il proprio figlio chiedendo che fosse condannato a restituire una determinata somma ritenuta indebitamente prelevata dal medesimo dal conto corrente cointestato, dopo la morte della prima moglie, con il predetto figlio; il conto cointestato era stato alimentato con gli accrediti degli stipendi e con i successivi ratei di pensione del padre e con l’accredito del TFR dello stesso. Il giudice di prime cure accoglieva la domanda attorea ritenendo che era stata superata la presunzione di cui al menzionato art. 1298 secondo comma cod. civ., nel senso che era stata dimostrata l’integrale riconducibilità all’attore delle somme versate sul conto corrente, nonostante la formale cointestazione dello stesso al proprio figlio.
Successivamente, la Corte di Appello respingeva il gravame promosso dal figlio soccombente confermando i principi sopra espressi dal giudice di prime cure.
In ultimo, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso promosso dal figlio soccombente anche nel secondo grado di giudizio chiarendo che, nel conto corrente bancario intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ. riguardante i rapporti con la banca, bensì con l’art. 1298, secondo comma, cod. civ. in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente (con applicabilità, eventualmente anche di presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tuttavia insussistenti nella fattispecie), con la conseguenza che, ove il saldo attivo, risulti derivante dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti si deve escludere che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul medesimo.