Le società semplici, le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice formano le società di persone.
La società semplice (o abbreviata in S.s.) può svolgere solo attività non commerciale, mentre la società in nome collettivo (o abbreviata in S.n.c.) può essere utilizzata sia per l’esercizio dell’attività commerciale che per quelle non commerciali. Infine, la società in accomandita semplice (o abbreviata in S.a.s.) si caratterizza, rispetto alla società in nome collettivo, per la presenza di due categorie di soci: soci accomandatari, i quali rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, e soci accomandanti, i quali rispondono limitatamente alla quota conferita.
Le caratteristiche tipiche delle società di persone (flessibilità statutaria, semplicità ed economicità di gestione, effetto segregativo, ecc….) spingono alla scelta delle stesse quali strumenti di pianificazione patrimoniale e, tra queste, vengono preferite la società semplice – la quale, si ricorda, può avere natura di “mero godimento” come nella società semplice immobiliare – e la società in accomandita semplice – la quale frequentemente viene utilizzata come cassaforte del proprio patrimonio -.
Un aspetto, dunque, fondamentale è quello di individuare con attenzione il soggetto che andrà ad assumere il ruolo di amministratore della società, nella prospettiva di proteggere il patrimonio dello stesso, tenuto conto delle responsabilità legate alla sua funzione e quello, altresì, di verificare, là dove sia consentito, una possibile limitazione di responsabilità del socio non amministratore.
La disciplina codicistica delle società di persone sul tema di responsabilità dell’amministratore e di esonero da responsabilità del socio non amministratore prevede che:
– per le società semplici, l’art. 2257 comma 1° cod. civ. dispone che l’amministrazione della società spetta a ciascun socio disgiuntamente dagli altri, salvo diversa pattuizione.
Si prevede, quindi, la possibilità tra i soci di sottoscrivere un accordo con il quale si esclude la responsabilità di uno di essi rispetto alle obbligazioni sociali – limitandola ai soli soci che abbiano agito in nome e per conto della società. Tuttavia, il predetto accordo deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei pena la non opponibilità della limitazione di responsabilità o la non esclusione di solidarietà a coloro che non ne abbiano avuto conoscenza;
– per le società in accomandita semplice, l’amministrazione della società può essere conferita solo ai soci accomandatari (art. 2318, comma 2°, cod. civ.). E’, però, possibile che uno di questi possa non essere amministratore, ma egli resterà ugualmente responsabile illimitatamente e solidamente delle obbligazioni sociali con gli altri soci accomandatari amministratori.
Comunque, un socio, per poter limitare la propria responsabilità, occorre che rivesta il ruolo di socio accomandante e non deve ingerire, in alcun modo, nell’amministrazione della società. In caso di violazione del divieto di ingerenza, egli potrà essere considerato responsabile illimitatamente e solidalmente e potrebbe essere, addirittura, escluso (art. 2320, comma 1°, cod. civ.);
– per le società in nome collettivo, ciascun socio risponde solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali indipendentemente dal fatto che assuma o no il ruolo di amministratore della società ed, ogni pattuizione che preveda delle limitazioni e/o esoneri, non hanno effetto verso terzi (art. 2291 cod. civ.).
Sul rapporto tra responsabilità dell’amministratore e il patrimonio personale dello stesso, è da tempo dibattuto il tema se un non socio possa assumere il ruolo di amministratore nelle società di persone, o meglio, nelle Società Semplici e nelle Società in nome collettivo (potendo essere nelle S.a.s. l’amministrazione conferita solamente agli accomandatari), e, dunque, se vi possa essere un “amministratore estraneo”.
Un’ampia ed autorevole parte della dottrina ritiene di ammettere tale possibilità sul presupposto che non esista una norma specifica che lo escluda espressamente.
In giurisprudenza, invece, non vi è un orientamento prevalente anche se una recente pronuncia (Tribunale di Roma – decreto n.4971 del 25/08/2021) ha riconosciuto nuovamente possibile che l’amministrazione di società semplici e società in nome collettivo possa essere affidata ad un terzo non socio sulla motivazione che la qualifica di amministratore, anche nelle società personali, è distinta da quella di socio. Tale possibilità viene ritenuta riconosciuta dalla legge che, nel prevedere nell’art. 2257 cod. civ. che l’amministrazione della società spetti a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri, fa salva la diversa pattuizione; pattuizione che si riferisce non solo al sistema di amministrazione, ma anche alla nomina di un non socio.